2013
Ci siamo! Dal 18 settembre 2013, tra le gustose novità de “Il Castoro” editore, ci sarà anche il divertentissimo e pieno d’avventure di ogni genere “Mio Nonno è una Bestia!”. Autore dell’opera, Fabrizio Silei, con le illustrazioni di Adriano Gon. Una storia particolare, con numerosi tratti affascinanti e fuori senza dubbio dai racconti comuni. Protagonisti un nonno lontano e pestifero, e i suoi due nipoti con i quali non facile sarà costruire un rapporto “normale”, quello che di solito viene instaurato tra le due categorie. Difficile però sarà alla fine non dare vita ad una sorta di legame, forse ancora più speciale di quelli che di consueto hanno origine. Avventura, una scrittura che oscilla tra il poetico e l’irrompente, sono e saranno, si spera, gli ingredienti vincenti di questo nuovo libro che si appresta ad arrivare sugli scaffali a termine di un’estate torrida. Un testo, quindi, con le cui pagine sarà possibile deliziarsi e scaldarsi, specialmente grazie alla sua intensità, nei prossimi giorni baciati da un autunno alle porte e da un inverno che è…non proprio dietro l’angolo,ma quasi!
All’autore, senza dubbio un personaggio intraprendente e molto simpatico, sono stati rivolti i seguenti quesiti, di cui riportiamo anche le consecutive risposte:
Il tuo recente romanzo “mio nonno è una bestia” racconta di un nonno formidabile, veramente fuori dal comune, CHE TIPO DI NONNO HA AVUTO FABRIZIO E, SOPRATTUTTO, CHE NIPOTE E’ STATO FABRIZIO?
Il libro è dedicato, e la dedica è così discreta da notarsi appena, “Ai nonni che sanno sorprendere e ai miei nonni, che non ho mai conosciuto”. L’unico nonno che ho fatto in tempo a conoscere è quello materno, ma era veramente molto vecchio. Lo ricordo con un sorriso dolce, seduto su una sedia, che mi salutava appena quando andavo a trovarlo da molto piccolo. Della mia nonna paterna ho conservato nitida un’immagine nella mente che viene da un’infanzia remotissima, un solo fotogramma, dovevo però essere davvero piccolo secondo mio padre. Così, in pratica io i nonni non li ho conosciuti. Una mancanza importante nella vita di un bambino, che però, ancora una volta mi veniva restituita attraverso la narrazione. Potrei scrivere un libro su i racconti che mi sono stati fatti di loro dai miei. Racconti assolutamente mitici e straordinari che sarebbe troppo lungo evocare qui.
Ho sempre “invidiato” molto coloro che avevano i nonni da bambino. Sentivo che dietro di noi, dietro mio padre e mia madre non c’era nulla, c’erano fratelli e sorelle, zii e zie, ma non c’era più la radice. Loro si muovevano nel mondo, in anni difficili, potendo contare esclusivamente sulle proprie forze. Una situazione di precarietà che chi ha i nonni non conosce. Raccontare di Nonno Constant è servito forse a compensare questa mancanza e a fare un omaggio a tutti i nonni, in una società sempre più anziana e conformista dove “la saggezza dei vecchi” è sempre meno ascoltata e gli anziani, improduttivi per definizione, tagliati fuori dalle tecnologie etc, sembrano aver perso il loro ruolo di guide. Nonno Constant dimostra che non è così, che un nonno apparentemente assurdo e scapestrato può piombare nelle nostre vite bambine, nella nostra famiglia e renderci vivi e farci ridefinire priorità e valori di una vita. Per questo forse , come ho scritto una volta, mi fermo sempre ad ascoltare un vecchio e un bambino che parlano e raccontano.
COME E QUANDO HAI CAPITO, SE COSI’ SI PUO’ DIRE, CHE VOLEVI FARE LO SCRITTORE?
Ho sempre scritto e letto molto e sempre adorato le storie, fin da piccolo. Se guardo indietro scopro che la scrittura, ma prima ancora le storie e le parole hanno sempre avuto un’ascendente notevole su di me. Come ho ricordato tante volte, sono diventato narratore da bambino, forse verso i quattro anni, grazie a una madre bambina che ricamando fiori bellissimi su tovaglie e centrini mi raccontava storie e fiabe, vicende del passaggio del fronte e altro ancora con un’abilità straordinaria. Quando si stancava mi diceva continua tu, ed io ci provavo. In quei lontani pomeriggi dell’infanzia, in quell’affabulazione materna e in quel dono d’amore femminile, in quel passaggio di testimone che magicamente trasforma il bambino da ascoltatore in narratore io identifico il vero inizio. Il bambino chiaccherone, impertinente, sagace, che fa fare bruttissime figure con la sua arguzia e delle quali ancora si racconta in famiglia è frutto di questa educazione alla lingua operata da una contadina semianalfabeta che era ed è una straordinaria narratrice. L’incontro con i libri e la parola scritta è la logica conseguenza di quel primo abbrivio. Durante tutta la mia vita la scrittura e il racconto mi hanno aiutato ad affrontare e superare ciò che mi andava capitando e gestire lutti, amori ed emozioni. Verso i vent’anni dopo scorpacciate di grande letteratura e di storie ho iniziato a pensar di scrivere seriamente e a tentare i primi veri racconti. Per pubblicare e uscire dal guscio ce ne sono voluti ancora molti, la nascita dei miei figli e la scoperta del piacere di raccontare a tutti, ma in particolare a bambini e ragazzi, di recuperare quel lontano miracolo nella speranza di passare ancora una volta il testimone a qualche mio giovane lettore.