2014
Spesso anche racconti destinati ad un pubblico giovanile sono fitti di sogni e tematiche, che talvolta molti adulti tendono a trascurare. “Storia di una matita” per esempio, è senza dubbio un racconto che rientra in questa categoria. Nel testo, di Michele D’Ignazio, edito Rizzoli, vengono narrate le varie vicende che “Lapo”, il protagonista, si ritrova ad affrontare pur di realizzare il suo sogno: quello di diventare Illustratore. Per soddisfare questo desiderio è costretto, da una società che spesso quasi ignora determinati ambiti, a trasferirsi in un’altra città e a ricominciare tutto da capo. L’illustrazione assume sempre di più maggiore importanza, sino al punto in cui il giovane Lapo vede tramutare il suo corpo in una gigantesca matita. Da quel momento, un bel po’ anche i guai che Lapo combina a causa di questa sua trasformazione. Davvero molti, gli spunti che si addentrano in questo piccolo, ma grande e significativo libro. L’immensa voglia di andare fino in fondo, l’amore speciale che si prova in rari casi, per un sogno, una passione, che poi per alcuni diventa un’esigenza impossibile da reprimere.
Abbiamo incontrato l’autore e conoscendo lui, che ha espresso con parole sensazionali il suo “lavoro”, si riesce sicuramente ad avere una visione più chiara dell’opera, pur non avendo toccato neppure una pagina di essa;
-Potremmo definire il libro come una sorta di specchio della tua anima bambina?
Quando scrivo (ma non solo) mi piace divertirmi e fantasticare, ma credo sia un errore ascrivere queste capacità solo ai bambini. Dovremmo averle tutti. O meglio, dovremmo riuscirle a non perderle strada facendo. Inoltre il libro racconta “problemi” da adulti (la ricerca del lavoro, il rincorrere i propri sogni) e i bambini si appassionano alle difficoltà dei grandi. Il linguaggio e il tono rendono la storia leggibile per i bambini, ma in fondo il libro è rivolto a tutti.
-Che origine ha avuto Lapo?
L’idea del personaggio di Lapo nasce da un gioco di parole, contenuto in un mio precedente racconto: “Vorrei avere la vita temperata come una matita”. Era una frase isolata, un’intuizione non sviluppata. Allora la molla è stata questa: perché non scrivere la storia di una matita? E da questo sono partito.
-Quali sono le domande che maggiormente ti hanno colpito durante le presentazioni con i più piccoli?
Più che domande, mi hanno colpito alcune frasi. Una mattina, dopo un incontro, una bambina si è avvicinata e mi ha detto: “Sei stato gentile ad aver scritto il libro”. La gentilezza è un valore che si sta perdendo e mi piace l’idea di scrivere per gentilezza. Un’altra bambina mi ha detto: “Grazie per lasciarci questa fantasia” I bambini sono concretezza e fantasia. Si appassionano a problemi concreti: ad esempio per Lapo si sono appassionati alle sue difficoltà nel trovare un lavoro. Ma pretendono una buona dose di fantasia. Il problema è concreto, ma le modalità in cui si sviluppa sono strane: Lapo si sveglia matita e inizia la sua avventura. I bambini sono sinceri e questo è uno dei motivi per cui li incontro molto volentieri. Mi ispirano sincerità e io li ricambio. Ed è un grande regalo che ci facciamo.
-Ti dedicherai ancora alla scrittura per il pubblico giovanile?
Sicuramente sì. In Autunno dovrebbe uscire un nuovo libro.
FOCUS SU IGNAZIO:
E’ nato nel 1984 e abita a Cosenza. Spesso invitato nelle scuole, svolge attività laboratoriali e di lettura ad alta voce, giocando con l’arte e le parole e incoraggiando i bambini, con semplicità e partecipazione, a leggere e a scrivere. E’ autore di documentari e d’estate gestisce una piccola locanda, “Il Vicolo Vineria”, nel centro storico di San Nicola Arcella, sull’alto Tirreno calabrese. Ama il cinema, specie quello che racconta storie semplici. Ama la letteratura, quando lo fa viaggiare “pur rimanendo immobile”. Ama viaggiare, nel vero senso della parola. Crede che la vita sia un gioco coinvolgente, da prendere seriamente, e che il mondo sia il mio (il nostro) “playground”.
Che altro aggiungere?….Tutto ciò che si può fare è immergersi completamente in questa lettura, lasciandosi trasportare e facendo in modo che lasci un valido insegnamento, a chi già lotta quotidianamente per esprimersi al massimo, ma soprattutto a chi non crede che valga la pena di far emergere una parte di sè, soltanto perchè così facendo si “rischia” parecchio. Certe volte, il rischio può risultare anche piacevole.